La vicenda di Padre Pio fu sempre accompagnata, da un lato, da manifestazioni di fede popolare ineguagliate per la loro intensità, e dall'altro da diffidenza anche da parte di alte personalità della Chiesa. Di Padre Pio si sospettava innanzitutto l'intenzione di ottenere vantaggi economici attraverso donazioni e lasciti innescati dalla mitizzazione della persona. Questo sospetto fu in parte attenuato quando il frate designò la Chiesa di Roma come erede universale di tutte le sue cose. Parimenti, i flussi di denaro riguardanti le iniziative culminate nella costruzione della Casa Sollievo della Sofferenza continuarono ad essere oggetto di illazioni e di scontro con le gerarchie ecclesiastiche. Il commercio di pezzuole apparentemente macchiate dalle stigmate (in realtà il sangue risultò poi essere sangue di gallina) andava, stando ai risultati delle indagini, molto bene. A seguito delle indagini in questione, alcuni frati che avevano tradito il voto di povertà furono spostati altrove.
Riguardo alle stigmate, alcuni rapporti medici indicarono una possibile causa non soprannaturale: il medico napoletano Vincenzo Tangaro, che incontrò Padre Pio ed ebbe cura di osservarne le mani, scrisse in un articolo pubblicato dal Mattino:
"Le stigmate sono superficiali e presentano un alone dal colore caratteristico della tintura di iodio" e restò perplesso per la presenza nella cella del frate 'di una bottiglia di acido fenico commerciale nero'.
Altri medici, osservando il fenomeno, non furono in grado di determinarne la causa con certezza, ma parlarono in ogni caso di un possibile fenomeno artificiale e/o patologico. A titolo d'esempio, il professor Amico Bignami, inviato dal Sant'Uffizio ad esaminare le stigmate, scrisse nella sua relazione:
'Le [stigmate]… rappresentano un prodotto patologico, sulla cui genesi sono possibili le seguenti ipotesi: a) determinate artificialmente o volontariamente; b) manifestazione di uno stato morboso; c) in parte il prodotto di uno stato morboso e in parte artificiale. Possiamo pensare che siano state mantenute artificialmente con un mezzo chimico, per esempio la tintura di iodio. Ho notato [...] una pigmentazione bruna dovuta alla tintura di iodio. È noto che la tintura di iodio vecchia diventa fortemente irritante e caustica'.
L'ex abate della basilica romana di San Paolo, il teologo Giovanni Franzoni, riguardo al fenomeno delle stigmate di Padre Pio ricorda il giudizio negativo di padre Agostino Gemelli e le diagnosi cliniche di Luigi Cancrini, che parlavano d'«istrionismo pulsionale» e di 'necessità di mettersi in mostra'. Per quanto riguarda le ferite alle mani Franzoni dichiarava:
"Le stimmate sono una nota malattia della pelle. Le ho viste anche in persone che nulla avevano di santo. Padre Pio non è mai parso monastico e ritratto in se stesso, ma idolatrato e sovraesposto già da un'iconografia miracolistica".
Nuovi dubbi sull'origine soprannaturale delle stigmate sono stati avanzati dallo storico Sergio Luzzatto in un saggio del 2007, che riporta la testimonianza del 1919 di un farmacista, il dottor Valentini Vista, e di una sua cugina, Maria De Vito, anch'ella titolare di una farmacia, ai quali Padre Pio ordinò dell'acido fenico e della veratrina, sostanze adatte per la loro causticità a procurare lacerazioni nella pelle simili alle stigmate. Quanto all'uso cui l'acido era destinato, il frate aveva detto che gli serviva 'per la disinfezione delle siringhe occorrenti alle iniezioni che egli praticava ai novizi di cui era maestro'; la veratrina, invece, per motivi di svago coi confratelli, poiché provoca starnuti.
Una risposta ai dubbi sollevati dall'inchiesta di Luzzatto è arrivata dai giornalisti Saverio Gaeta e Andrea Tornielli, che hanno consultato i documenti del processo canonico. Secondo Gaeta e Tornielli la testimonianza della farmacista sarebbe poco attendibile in quanto in realtà presentata in Vaticano dall'arcivescovo di Manfredonia Pasquale Gagliardi, ostile a Padre Pio. I due giornalisti riportano inoltre la testimonianza del dottor Giorgio Festa che esaminò le stimmate del frate il 28 ottobre 1919 e nella sua relazione scrisse che esse
'non sono il prodotto di un traumatismo di origine esterna, e che neppure sono dovute all'applicazione di sostanze chimiche potentemente irritanti'.
A settembre 2009, in occasione di un convegno su Padre Pio a San Giovanni Rotondo, il professor Ezio Fulcheri, docente di anatomia patologica all'università di Genova e di paleopatologia all'università di Torino, ha invece dichiarato di aver esaminato molto materiale fotografico e documentario sulle stimmate di Padre Pio e su queste basi ha affermato:
'Non posso immaginare quali sostanze permettano di tenere aperte le ferite per cinquant'anni, impedendone la naturale evoluzione [...] Più si studia l'anatomia e la fisiopatologia delle lesioni, più ci si rende conto che una ferita non può rimanere aperta com'è accaduto invece per le stimmate di Padre Pio, senza complicazioni, senza conseguenze per i muscoli, i nervi, i tendini. Le dita del frate stimmatizzato erano sempre affusolate, rosee e pulite: con ferite che trapassavano il palmo e sbucavano sul dorso della mano, avrebbe dovuto avere le dita gonfie, tumefatte, rosse, e con un’importante impotenza funzionale. Chi subisce lesioni come quelle, ha le dita rattrappite con sensibilità alterata. Per Padre Pio, invece, le evidenze contrastano con la presentazione e l’evoluzione di una ferita così ampia, quale ne sia stata la causa iniziale. Questo è ciò che dice la scienza'.
Lo psichiatra Luigi Cancrini (Università La Sapienza di Roma), più recentemente, ha tentato di classificare Padre Pio secondo il DSM-IV (edizione aggiornata del manuale internazionale dei disturbi mentali). Secondo questa teoria le stigmate sarebbero quindi particolari sintomi di 'conversione somatica', ovvero la moderna definizione dei disturbi somatici generati da una patologia psichiatrica di tipo isterico. Secondo le biografie che riportano le testimonianze di persone che ebbero modo di assistere di persona alla preparazione del corpo per la sepoltura, sulla salma di Padre Pio non ci sarebbe stata alcuna traccia delle stigmate. Queste testimonianze sono confermate dalle fotografie scattate al corpo del santo subito dopo la sua morte.
A tal proposito, il neurofisiopatologo Francesco D’Alpa, collaboratore dell’Uaar, ha fatto presente che le stimmate (anche quelle sui piedi e sul costato) erano già scomparse diversi mesi prima della morte di Padre Pio, come riferito, tra gli altri, da padre Marciano Morra, ex segretario generale dei Gruppi di Preghiera di Padre Pio; e non 'miracolosamente' alla morte del religioso o nelle sue immediatezze, come invece riportato dalla maggior parte delle biografie. Questa 'verità' sarebbe stata taciuta per raggiungere determinati fini e per preservare un’interessata agiografia del frate.